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Da conversazioni, a narrazioni, a intrattenimento: come l’evoluzione dei social ha cambiato i mercati

Circa venticinque anni fa, l’americano Andrew Weinreich lanciò quello che è universalmente riconosciuto come il primo social network della storia: SixDegrees, messo online nel 1997 e chiuso clamorosamente nel 2000.

Circa tre anni dopo, abbiamo assistito alla crescita esponenziale dei social network: da Friendster, LinkedIn, Orkut, MySpace, MSN, YouTube, fino ai più recenti Facebook, Twitter, Pinterest, Instagram (solo per citare i più famosi). Questa fase dell’internet è stata chiamata Web 2.0 – e non riguardava solo le reti sociali, ma più in generale l’incremento dell’interazioni tra siti e utenti.

Circa cinque anni prima, Rick Levine, Christopher Locke, Doc Searls e David Weinberger diedero alle stampe un corpo di novantacinque tesi rivolte a tutte le imprese che volevano operare all’interno di un nuovo mercato interconnesso. L’insieme di queste novantacinque tesi si chiamava The Cluetrain Manifesto – e, senza che ci fosse un apparente legame con l’avvento della prima rete sociale, la posizione assunta dagli autori poteva essere riassunta in questo paragrafo:

“È cominciata a livello mondiale una conversazione vigorosa. Attraverso Internet, le persone stanno scoprendo e inventando nuovi modi di condividere le conoscenze pertinenti con incredibile rapidità. Come diretta conseguenza, i mercati stanno diventando più intelligenti e più veloci della maggior parte delle aziende”.

I mercati sono conversazioni

Il collante che lega tutte le novantacinque tesi del Cluetrain Manifesto è che “i mercati sono conversazioni”. Con l’avvento di Internet, chiunque fosse connesso aveva a disposizione un mezzo per entrare a far parte di un mercato virtuale e provare raggiungere un livello di comunicazione tra le persone, simile a quello dei mercati analogici.

Secondo il Cluetrain Manifesto, il mercato online doveva essere collegato alla rete in modo da permettere una più completa comunicazione tra chi viveva nel mercato e chi stava all’interno dell’azienda.

Con l’avvento e la consacrazione dei social network, gli utenti stavano diventando persone e iniziavano a ricercare nelle aziende un’autenticità che i mass-media tradizionali non riuscivano più a trasmettere. Queste persone navigavano sui social alla ricerca di relazioni, di conversazioni, di aziende guidate da altre persone come loro che interagivano direttamente con loro. Il lato umano iniziava così a prendere il sopravvento sul lato commerciale.

Facebook, Pinterest, Twitter e tutti gli altri erano i mercati virtuali in cui le persone potevano generare le loro conversazioni.

I mercati sono narrazioni

Ma, si sa, il tempo passa veloce e in un momento tutto si modifica. Questo vale per gli esseri umani e ancor di più per la tecnologia, che viaggia su motori ancora troppo veloci per permetterci di costeggiarla e sorpassarla. Così, ben presto, anche il Cluetrain Manifesto ha iniziato a risentire del tempo che passava (anche se continua a fare la sua splendida figura, nonostante le rughe e le grinze) – e, poiché, come ci hanno insegnato i nostri nonni, la storia si ripete sempre, ecco che le persone che popolavano la rete sociale hanno iniziato a sentire la mancanza di quel tempo in cui i nostri antenati si radunavano intorno a un fuoco per raccontarsi storie ed esperienze vissute. Questa nostalgia si chiama Storytelling – e ha trasformato i mercati da conversazioni a narrazioni.

In questa fase, le storie sono diventate il bene di consumo più ricercato. Alle persone non bastava più entrare in contatto con il lato umano delle aziende: volevano ascoltare cosa queste aziende avevano da raccontare, volevano un immaginario in cui immedesimarsi, cercavano valori che appagassero le proprie coscienze. Non volevano più solo comprare un prodotto, volevano comprare lo status che quel prodotto poteva conferire loro; non importa quanto prestigioso fosse: l’importante era che permettesse a chiunque di sentirsi protagonista di una storia.

I social network sono diventati così il bivacco sotto le stelle in cui raccontarsi e in cui ascoltare. Illuminati solo dal riverbero dello Storytelling, tutti ci siamo lasciati coccolare dalle parole e dalle immagini che noi stessi non sapevamo di voler ascoltare – ma che speravamo qualcuno sapesse raccontarci.

Il mercato in cui conversare e creare relazioni si è evoluto: era diventato un luogo in cui far nascere storie che innescassero risposte emotive in chi le ascoltava (e le leggeva).

I mercati sono intrattenimento

I social sono restati narrazioni finché non siamo stati costretti a restarcene chiusi in casa a causa del lockdown del 2020. In questo periodo di isolamento abbiamo capito che le storie, alla lunga, annoiano e che per andare avanti serviva altro.

C’era bisogno di staccare la spina, di trovare un’alternativa alla tv, di riuscire a vivere in time lapse le ventiquattrore di una giornata che, invece, sembravano editate in stop motion. E per farlo abbiamo fatto la cosa più naturale del mondo: siamo andati nel posto più affollato che potevamo raggiungere restando a casa e abbiamo chiesto aiuto. Questo posto era, ed è, la rete sociale.

Complice l’avvento di TikTok, il social network dei “videini” divertenti (per semplificare all’estremo), abbiamo iniziato a fare zapping tra un contenuto social e l’altro, tra un profilo e l’altro, tra un social e l’altro, alla continua ricerca di quel contenuto che potesse svoltarci la giornata: qualunque cosa, purché durasse il tempo necessario per non abituarci e non tornare ad annoiarci. Cercavamo video brevi. Volevamo video brevi. E quando li abbiamo trovati non li abbiamo mollati più. Ci siamo affezionati così tanto a loro che, alla fine, sono diventati quasi l’unico contenuto con cui interagivamo (e interagiamo tutt’ora).

Lo storytelling si è evoluto in intrattenimento.
I mercati si sono evoluti in intrattenimento.

E così ci siamo ritrovati in un ricorso della storia della comunicazione: l’era dei mass-media, che era stata soppiantata da Internet, è tornata a fare capolino. Adesso le persone aprono i social e, senza saperlo, cercano palinsesti. E ogni azienda che voglia far parte di questo nuovo mercato che non è più conversazione e non è più narrazione, ma è puro intrattenimento, deve trasformarsi in creatrice di programmazioni.

Meno mercanzia, meno conversazioni, meno storytelling e più intrattenimento.
Le persone non vogliono più comprare, vogliono essere intrattenute – e poi forse comprare.

E chissà come evolverà tutto ancora con l’avvento del metaverso.

Noi abbiamo deciso di farci trovare pronti e di cavalcare l’onda di ogni cambiamento. Perché crediamo che i social rappresentino ancora il presente e il futuro della comunicazione. Un futuro che correrà sempre troppo veloce, ma a cui vogliamo prendere la scia per non restare indietro.

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